Paradisi Terrestri

Oman


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OMAN

E’ da 50 minuti che stiamo contrattando il prezzo di un fuoristrada – 8 giorni, chilometraggio illimitato e assicurazioni comprese. Noi siamo esausti, lui (il tizio della Budget) è più che mai pimpante e arroccato sulle sue posizioni. Finalmente toglie il mazzo di chiavi dalla tasca del dishdasha, ci fa firmare 4 fogli, ritira il malloppo e sorride!

'Welcome in Oman!'
 Inizia l’avventura; destinazione finale il parco marino nazionale delle isole Damaniyat, situate 16 chilometri al largo tra Muscat e Braka.
Il nostro resort è ad Al Sawadi, circa 100 chilometri a nord di Muscat.
La strada corre parallela al mare; è una superstrada interrotta ogni tanto da enormi rotonde al centro delle quali si ergono monumenti in bronzo o in marmo. Sia nello spartitraffico centrale sia ai lati vi sono splendide aiuole fiorite che contrastano con il terreno arido che ci circonda. I colori dominanti sono l’ocra del terreno, il bianco delle case e l’azzurro del cielo e del mare.
Dopo circa 1 ora imbocchiamo la strada secondaria che porta al resort.
E’ come un’oasi in mezzo al deserto: prati all’inglese, palme e aiuole fiorite. Tutto intorno roccia, sabbia e polvere. Gli ospiti, pochi per la verità, provengono per lo più dall’Arabia Saudita, dallo Yemen e dagli Emirati Arabi.  Ci sono però tre europei; scopriamo che lavorano in Oman e che sono anche loro appassionati subacquei.

Prima di andare al diving vogliamo fare un tuffo in piscina.
Sedute sulle sdraio di fronte a noi ci sono due signore che conversano amabilmente. Indossano l’abaya, la lunga mantella nera che le copre da capo a piedi. Portano il velo, anch’esso nero, guanti e calze...nere.
Sfilo velocemente l’accappatoio e mi tuffo (indosso un due pezzi ascellare!) ma, appena riemergo, mi sento addosso lo sguardo penetrante delle due signore che osservano esterefatte quell’essere ignudo che sguazza nell’acqua. Annaspo nel mio disagio che va aumentando in modo esponenziale.
Come faccio ad uscire dall’acqua ? 
Claudio mi viene in soccorso; afferra l’accappatoio e ci manca poco che lo 'pucci' completamente in acqua per farmelo indossare il più velocemente possibile. L’esperimento piscina finisce qui. Da domani solo bagni e 'spogliarelli' in alto mare, sulla barca del diving.

Le isole Dimaaniyat sono in tutto 9 e sono circondate da una barriera corallina ancora vergine; sembra il Mar Rosso di 20 anni fa. Le immersioni sono incantevoli. Vi sono molte specie di coralli molli e duri e la quantità di pesce è indescrivibile. A volte pur sapendo di avere Claudio al mio fianco non riesco a vederlo; ci separa un vero e proprio muro vivente. I pesciotti non hanno paura e sono molto curiosi; se trattengo il respiro vengono a mordicchiare la maschera!  I più impertinenti sono i pesci bandiera.

L’acqua è caldissima e le immersioni sono lunghe anche perchè la profondita’ massima del fondale è sui 25 metri. Spesso, addormentati sul fondo, vediamo degli squali nutrice. Hanno l’aria mite e, col passare dei giorni, scopriamo che i locali li pescano abitualmente (anche 8-10 al giorno) e poi li rivendono ai mercanti iraniani (l’Iran è infatti vicinissimo, proprio di fronte a noi dall’altra parte del golfo).
Incontriamo anche parecchie razze e alcune tartarughe.
Ahmed ci spiega che in questo periodo le tartarughe depongono le uova e quindi non ci sarà possibile scendere a terra sulle spiagge delle isole. Ogni mattina partiamo con la barca del diving e facciamo quella che chiamano 'two tanks dive', cioè due immersioni consecutive a distanza di circa 1 ora una dall’altra.

Poi rientriamo al resort e nel pomeriggio con il nostro sudatissimo fuoristrada esploriamo le oasi, i 'wadi' (i letti dei fiumi in secca che spesso vengono utilizzati come strade alternative) ed i borghi rurali all’interno del Paese, dove sembra che il tempo si sia fermato.

Le spiagge lungo la costa sono deserte e in alcuni punti sono ricoperte da uno strato di conchiglie bianche e rose. Occasionalmente capita di vedere gruppi di ragazzi che giocano a pallone o che fanno il bagno.  Tutti indossano il 'dishdasha', il tipico abito-camicia bianco lungo sino ai piedi. Davanti alle case vi sono roccoli di uomini accoccolati i circolo; discutono, fumano e giocano a dadi. Ogni tanto incontriamo cammelli erranti e gruppi di bambini che ci salutano calorosamente sfoggiando le parole che conoscono in inglese.

Pranziamo in ristorantini omaniti (l’alternativa sono locali indiani o pakistani) e impariamo, una volta entrati, a dirigerci verso la 'family room' -  in pratica una stanzetta isolata dal resto del locale, dove la mia presenza femminile non reca imbarazzo agli altri avventori , ovviamente maschi.

L’Oman è un paese affascinante. Le sue montagne aride e i vecchi forti portoghesi; il suq di Mutrah con la casa del te’ e la zona delle spezie, le stoffe, l’incenso ed i profumi;  i dolcetti ricoperti di miele; la gente cordiale e ospitale.

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